Percorrendo la seconda linea del progetto Altripiani in Marocco abbiamo avuto la fortuna di conoscere diverse persone speciali, tra queste molti insegnati, spesso giovani coetanei, altre volte persone più adulte che non smettono di dedicarsi alla professione facendo grossi sacrifici ormai da decenni.

Hakima e Khadija sono due insegnanti dell’Alto Atlante. Come tanti loro colleghi, sono state trasferite dalle grandi città dove sono cresciute e hanno studiato, alle alte montagne per istruire ed educare i bambini delle lunghe valli marocchine.

Sull’Alto Atlante gli edifici adibiti ad uso scolastico sono spesso un rettangolo bianco e rosa di recente costruzione non più grande di 40mq al cui interno devono starci tutti i bambini del villaggio e alle volte anche quelli dei villaggi più vicini, indipendentemente da quanti essi siano.

Infatti nelle piccole scuole le classi hanno moltissimi bambini, di diverse età e con differenti livelli d’istruzione. Nella maggior parte dei casi fanno lezione tutti insieme contemporaneamente e quindi il difficile ruolo di un insegnante, non solo è fondamentale per istruire e formare, ma è anche straordinario per come riescano a trovare metodi incredibili per svolgere il proprio lavoro accontentando tutti.

Le materie principali sono la matematica, il francese e l’arabo. Infatti, mentre la maggior parte degli amazigh (più comunemente conosciuti come berberi) hanno adottato l’islam e iniziato a parlare l’arabo dopo la conquista del XVII secolo, la cultura e la lingua berbera sono sopravvissuti, soprattutto sull’Alto Atlante.

Gli insegnanti delle montagne vivono sempre vicini alla scuola, come ne fossero al tempo stesso custodi e responsabili. Le loro case hanno spessi muri di fango e sono caratterizzate da piccole stanze con minuscole finestre, più facili da scaldare d’inverno e più riparate dal sole l’estate. Spesso convivono e dormono tutti nella stessa camera come fossero degli studenti.
 Le provviste le fanno nei due giorni di mercato settimanale al villaggio più grande della valle che di solito dista al massimo una decina di chilometri.

È ammirevole vederli felici e positivi, consapevoli dell’importante ruolo che svolgono, nonostante lo stile di vita che hanno, ben diverso da quello delle grandi città dalle quali provengono. 
Città che vedono raramente, perché gli spostamenti sono lenti e per fare 300km si perdono intere giornate su strade sconnesse e polverose.

In molti casi l’insegnante è anche l’unico che sa il francese e quindi in grado di dare informazioni, indicare la strada giusta, tradurre qualche conversazione con persone del posto e raccontarci la vera vita del villaggio.

Hakima e Khadija sono due ragazze “moderne”, ridono ad alta voce, comunicano velocemente con gli amici di Agadir e sono sempre contente di vedere un po’ di gioventù su queste montagne in cui non passa mai nessuno. Hanno lezione sia la mattina che il pomeriggio, ma oggi è sabato e la scuola è chiusa. Ci hanno invitati per il pranzo, Hakima prepara un’insalata semplicissima ma speciale, e Khadija una gustosissima tajine fumante. Dopo pranzo il sole batte forte e decidiamo di rimanere ancora in compagnia, allora Khadija non perde tempo e ci insegna a preparare il pane, assieme si fa più veloci e perché durante la settimana non c’è tempo ne prepara tanto da congelarlo per i giorni a venire.

Ci si saluta sorridenti, sperando sempre in un arrivederci, consapevoli di aver appreso qualcosa di nuovo e sperando di aver lasciato qualche insegnamento anche noi, oltre che un ricordo nel cuore di ciascuno.

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