In šāʾ Allāh (إن شاء الله‎) è un termine in lingua araba che significa “se Dio vuole” e sta a indicare la speranza di un credente musulmano affinché un evento possa accadere in avvenire. Una traduzione più libera potrebbe essere “che Dio ce la mandi buona”.
L’espressione è usata da molte popolazioni arabe, e anche dai musulmani di lingua inglese, francese, tedesca o italiana.

Inshallah, però non è soltanto un saluto e un modo di affrontare la vita, quando un berbero non vuole prendere una posizione è Inshallah, quando qualcuno non vuole dirti di no, ma sa che è no, è Inshallah. E ancora, quando vogliono prendersi del tempo per pensare a una cosa, ma non hanno voglia di discutere è Inshallah.

Altripiani torna quindi in Marocco, c’è voglia di percorrere ancora molte linee in un territorio così bello e così curioso. Conoscere e girovagare con la mentalità dell’Inshallah.

Il Marocco ha in atto una rivoluzione alimentare, punta sulle produzioni biologiche, sulla sfida tecnologica e sulle ricchezze che vengono dal mare.
Stanno costruendo e inventano nuovi metodi d’irrigazione, sviluppano l’agricoltura interna e per l’esportazione. È un Paese in movimento, ma ancora molto lento se non si possiedono mezzi privati.
Infatti per il progetto Altripiani il bello sta ancora una volta nella lentezza, chi va di fretta e vuole fare turismo può restare a mangiare sulle terrazze di Marrakesh o a rilassarsi lungo la costa a guardare il magnifico oceano.
Appena si passa l’Alto Atlante che non ha nulla da invidiare alle nostre montagne, iniziano i paesaggi mozzafiato, gli altipiani e una varietà di vegetazione inaspettata.
Qui ancora una volta vince il verde, dopo il verde dei Carpazi siamo pronti per le palme e gli ulivi. Olio, agrumi, piante aromatiche e medicinali, datteri, ortaggi e allevamento. C’è pane, tajine e couscous a volontà. In Marocco si mangia bene ovunque, vegetariani compresi.

Il progetto Altripiani si è già spinto lo scorso anno verso il confine con l’Algeria e abbiamo notato che la povertà più ti sposti a sud-est più colpisce i villaggi, si cerca ancora il baratto nelle Kasbah e spesso un tè in compagnia diventa salotto per poi parlare di merce come lana e tappeti. I Berberi, “uomini liberi”, sono persone amichevoli, nel deserto intorno al fuoco scherzano e raccontano barzellette africane. Ti senti al sicuro.
Le comunicazioni si fanno come sempre parlando più lingue spagnolo-francese soprattutto, ma se si vuole veramente capire qualcosa è meglio imparare il berbero, una delle nostre sfide più grandi.

Marocco è anche musica, la musica berbera e il ritmo dei giovani che sognano l’Europa, quel mondo forse un po’ “fantastico” che gli viene sempre raccontato dai turisti.
Ogni giovane vorrebbe vedere di che si tratta, cosa c’è lassù, ma spesso anche dopo i sacrifici per accumulare i soldi necessari, il visto nel 99% dei casi viene negato senza alcuna ragione oggettiva.
È così che la cara e vecchia Europa diventa la rivendicazione di un diritto, quello di uscire da un Paese semplicemente perché ne ho voglia e poi ben consapevoli della vera ricchezza che hanno tra le montagne, le dune, il silenzio e le stelle, tornare velocemente a casa.

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