“In carrozza signori, si parte!”
Jozef ha lavorato per tanti anni nelle ferrovie slovacche, viveva in città e aveva imparato quelle poche parole internazionali specifiche per il mondo ferroviario.

Ieri abbiamo passato per l’ennesima volta il confine polacco-slovacco e da questa mattina abbiamo percorso circa 15km a piedi per i boschi del Parco Nazionale di Poloniny.
È ora di pranzo e siamo seduti al centro del villaggio di Ruský Potok, circondati da fiori gialli mangiamo del pane duro con alcuni pomodori sopravvissuti agli ultimi spostamenti.
Ci saranno 30 case in tutto, ma ci sono due chiese, una in legno scuro dedicata a San Michele Arcangelo e l’altra più moderna intonacata di bianco con una cupola bombata di colore arancione.
Passa un gatto bianco che anticipa due gemelline bionde dal passo svelto con vestito e cartella uguale probabilmente di ritorno da scuola.
Chissà dov’è la scuola più vicina mi domando.

In questi villaggi è facile sentirsi osservati. Un signore in tuta mimetica con le mani dietro alla schiena passeggia nel suo giardino incuriosito dalla nostra presenza.

Jozef vive in questo paesino al confine con la Polonia, dove in questi giorni di fine aprile c’è ancora neve sulla linea di confine.
È papà, nonno, scultore, camminatore. Non ha telefono, ne automobile, solo una vecchia radio che quando c’è la pubblicità l’abbassa e quando parlano di politica la spegne. Quell’apparecchio che gracchia con scritto sopra 350W serve solo a sentire le previsioni del tempo quando il tempo non si legge già dal cielo.
Dopo essere entrati nel suo giardino, veniamo invitati in casa. Guardandomi intorno esclamo con entusiasmo: “sei un artista del legno!”, lui fa finta di nulla, ma poi mi risponde che l’unica che fa veramente arte è la natura.
È appassionato di tutto, colleziona insetti, conosce le piante, i funghi. È esperto delle sue montagne, i Carpazi, parte solo per i boschi, il più delle volte non ha compagnia e non lo spaventa stare all’aria aperta tre giorni di fila senza equipaggiamento.
Non importa la stagione, infila la sua tuta mimetica e parte con un sacco vuoto sulle spalle e torna pieno di legna, di rami, di nodi, di “profoli” degli alberi. A casa inventa, si mette a levigare e lisciare i tronchi, le cortecce e poi ci confessa che la cosa più divertente è battezzare le sue opere.

Mi sarei portato via il suo Labirinto, un intreccio di rami ben levigato, ma ahimè lo zaino già pesa che basta e il viaggio è ancora lungo.

Beviamo un caffè, ridiamo, arriva anche una bottiglia di alta gradazione alcolica con tre bicchieri.
Salutare e ripartire è sempre difficile quando l’ospitalità ti fa sentire a casa.

Glorija riesce a farsi dare l’indirizzo di casa, vogliamo mandargli una lettera con le foto scattate assieme.
Altripiani è incontri, persone e storie nel loro territorio.

 

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