Donne
L’uomo c’ha invitati a pranzo. Quando ho chiesto di lavarmi le mani, la donna di casa ha cambiato l’asciugamano in…
Sono gli ultimi giorni di aprile e stiamo viaggiando in autostop nel nord-est della Slovacchia.
Glorija ed io siamo riusciti a farci dare un passaggio subito fuori del villaggio di Jalová, e ora ci stiamo godendo il paesaggio che ci circonda. La stretta strada si snoda e attraversa sinuosa il Parco nazionale di Poloniny, con le sue cime innevate e i folti boschi che separano il Paese dalla Polonia.
Il guidatore è un ragazzo muscoloso, dal collo grosso, sulla trentina. Non parla bene inglese, ma il bambino vicino a lui gli fa da interprete. Si chiama Eric, ed è l’allenatore della nazionale slovacca di wrestling e sta andando a visitare sua mamma. Noi gli raccontiamo del nostro progetto Altripiani, dell’itinerario zig-zagante che stiamo tracciando al confine tra Polonia e Slovacchia, seguendo la dorsale dei Carpazi. Lui sembra molto interessato, e continua a farci domande sulle motivazioni che c’hanno spinto verso questa avventura. Anche noi siamo incuriositi da questa coppia originale: non capiamo bene se il bambino, Ján, sia suo figlio, e come faccia a parlare un’inglese perfetto in questo lato sperduto del Paese.
Siamo quasi arrivati all’innevato confine con la Polonia ed Eric ci invita a casa di sua mamma per un caffè. Troviamo la signora intenta a preparare i pirogi fritti, una sorta di raviolo con ripieno al formaggio dall’aspetto appetitoso. Ci mettiamo comodi intorno alla tavola e sorseggiando un caffè fumante, scopriamo che Eric è il migliore amico del papà di Ján e che il bambino parla benissimo l’inglese perché vive in Inghilterra con la mamma e le tre sorelline, mentre il papà lavora a Bratislava.
Ján ha 10 anni, è educato, pacato e ci racconta che si trova in Slovacchia per un saluto al nonno, per delle visite di accertamento ad un cancro recentemente sconfitto e per tifare il papà alla prossima partita dello Slovan Bratislava.
L’attenzione mia e di Glorija si sofferma subito sulla parola “cancro” lasciando inizialmente perdere il resto del discorso, ma veniamo rassicurati dalle parole e dai sorrisi del bambino.
La colazione diventa un brunch e i discorsi leggeri diventano più cordiali e profondi.
Ora sta bene e non appena tornerà a casa riprenderà a giocare nelle giovanili del Manchester come prima della malattia. Con entusiasmo e un pizzico d’orgoglio ci racconta che è guarito curandosi in Slovacchia e non nel Regno Unito, oltre al calcio continuerà a seguire con passione il rugby e l’ hockey in TV.
Ján è un bambino sveglio, che conosce già molte lingue. È nato a Varsavia dove ha vissuto fino ai 5 anni e parla slovacco, polacco, inglese e sta imparando lo spagnolo a scuola. Nonostante la sua giovanissima età, ha la fortuna di viaggiare moltissimo per l’Europa con il papà o al fianco degli amici del papà per i match più importanti.
Il papà di Ján junior è Ján Mucha, un portierone che ha giocato anche nella Premier League tra i pali dell’Everton oltre che nel campionato polacco, russo e ovviamente slovacco. Sarà nella rosa della nazionale slovacca al prossimo Europeo 2016 e Ján junior non ha dubbi, tiferà Slovacchia e non Inghilterra. Il 20 giugno ci sarà un partita molto attesa: Slovacchia e Inghilterra si sfideranno allo stadio Geoffroy Guichard di Saint-Étienne in Francia. Ján ovviamente anche in questo caso non ha dubbi per che bandiera sventolare. Tra un pirogi e l’altro fa delle lunghe pause e ci aggiorna su Euro2016 dicendo che il girone della Slovacchia è difficile perché comprende anche Russia e Galles, due squadre da non sottovalutare.
Nella confusione della cucina tra padelle e olio che frigge, più volte il piccolo Ján ci simula l’altoparlante dello stadio, e quando pronuncia il nome del papà lo annuncia come se fossimo allo stadio.
“Jáaaaaannn Muuuuchaaaa!”
E noi in coro: “Olèeeee!”
Anche Eric dall’altro lato del tavolo sorride e nonostante non capisca tutti i dialoghi, è felice tanto quanto noi di questo incontro. Nel suo ruolo di allenatore anche lui viaggia molto. Mi fa vedere un orecchio ferito in un combattimento e racconta che il giorno dopo sarà in trasferta verso Amsterdam con il suo team.
Sua mamma prima di uscire di casa gli consegna una piccola scatola con i pirogi da portare alla moglie in città. A breve ci sarà la Pasqua ortodossa e la mamma di Eric non vede l’ora di avere nuovamente tutti per casa, non importa il filone religioso purché si stia tutti in compagnia, anche noi siamo invitati.
Fuori il sole è alto e il vento soffia forte, è tempo di mettersi in marcia.
Ján junior è alto quanto i nostri zaini, prima di salutarci vuole assolutamente provare a mettere in spalla il mio, con un po’ di fatica rimane in piedi, magari al prossimo Altripiani verrà anche lui.
Testo e foto di Giacomo Frison
L’uomo c’ha invitati a pranzo. Quando ho chiesto di lavarmi le mani, la donna di casa ha cambiato l’asciugamano in…
“In carrozza signori, si parte!” Jozef ha lavorato per tanti anni nelle ferrovie slovacche, viveva in città e aveva imparato…
Quinta settimana e oltre. Dieci intensi giorni bulgari dall’ultimo aggiornamento. Glorija torna a parlare la lingua slava dopo che in…
Quarta settimana. Dove i Carpazi incontrano i Balcani. Salutiamo il gruppo dei monti Fagaras dove il bianco neve fa fatica…
Terza settimana. Se l’Ucraina è il Paese dove l’uomo si sente sempre più piccolo e la terra è sempre più…
Seconda settimana, ultimi giorni slovacchi e poi sui Carpazi ucraini per la Pasqua ortodossa. Martin ci racconta che la strada…
Con un giorno di ritardo, proviamo a riassumere. Prima settimana molto impegnativa: sole e verde primaverile, poi ghiaccio e neve…